Licenziamenti illegittimi, la giurisprudenza smonta il Jobs Act e delinea una nuova riforma in materia

A circa 9 anni dall’emanazione del Decreto Legislativo n. 23 del 2015 (uno dei decreti attuativi del cd. “Jobs Act”), è possibile affermare che la disciplina sui licenziamenti è ancora fonte di instabilità ed incertezza.

Sin dalla sua entrata in vigore, infatti, la riforma del lavoro introdotta dal Governo Renzi è stata oggetto di numerosi dibattiti e critiche, che hanno indotto in più occasioni i Giudici di Merito a demandare alla Corte Costituzione questioni di compatibilità delle norme con i principi cardine della nostra Carta Fondamentale.

A seguito delle varie pronunce della Corte, un dato pare evidente: in caso di licenziamenti illegittimi, vi è stato un netto ampliamento dell’istituto della reintegra in luogo dell’indennità risarcitoria. Ciò in aperto contrasto con l’intento del Legislatore che, già a partire dalla cd. Legge Fornero del 2012, aveva cercato di restringere il campo di applicazione della tutela reintegratoria.

Di seguito si propone una sintesi delle principali decisioni degli ultimi anni che hanno, di fatto, ridimensionato la portata innovativa del Jocs Act ed aperto la strada ad una nuova riforma in materia.

In particolare, il nuovo art. 18 dello Statuo dei Lavoratori è stato oggetto delle seguenti pronunce della Corte Costituzionale:

  • n. 194 del 2018. La Sentenza ha dichiarato l’incostituzionalità del criterio di determinazione dell’indennità risarcitoria di licenziamento, basato esclusivamente sull’anzianità di servizio. Il risarcimento previsto in caso di illegittimità del recesso, infatti, non può essere proporzionato alla sola anzianità di servizio, ma deve tenere in considerazione anche altri elementi, quali il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell’attività economica, il comportamento e le condizioni delle parti;
  • n. 150 del 2020 (poi integralmente ripresa dalla successiva pronuncia 93/2021). Ha dichiarato l’incostituzionalità del criterio di determinazione dell’indennità risarcitoria di licenziamento (identico principio della sentenza n. 194 del 2018) anche con riferimento ai licenziamenti viziati da vizi formali e procedurali;
  • n. 59 del 2021. Ha affermato l’obbligo – e non la facoltà – di applicare la tutela reintegratoria se il fatto posto alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo è manifestatamente insussistente;
  • n. 125 del 2022. Ha affermato l’obbligo di applicare la tutela reintagratoria anche qualora l’insussistenza del fatto posto a fondamento del licenziamento per g.m.o non risulti espressamente “manifesta”;
  • n. 183 del 2022. Ha affermato la necessità di un intervento legislativo che preveda tutele adeguato in caso di licenziamento. La Corte, infatti, pur dichiarando inammissibili le censure avanzate sull’indennità prevista per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, ha evidenziato che la relativa norma inserita nel Jobs Act non rappresenta un rimedio congruo e coerente con i requisiti di adeguatezza e dissuasività;
  • n. 22 del 2024. Ha dichiarato l’illegittimità costituzione del Jobs Act nella parte in cui limita la reintegra solo ai casi di nullità espressamente previsti dalla legge. La Consulta evidenzia una non aderenza del dettato normativo rispetto alla legge delega : quest’ultima, infatti, non intendeva porre alcun distinguo tra “nullità espresse” (cd. nullità testuali) e “non espresse” (cd. nullità virtuali).


 

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